Contabilità del commercio elettronico: come funzionano fisco e tasse

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La contabilità del commercio elettronico abbraccia ormai un’ampia gamma di aree e deve rispettare determinate normative fiscali per essere in regola.

Per commercio online elettronico si intendono tutte quelle transazioni in rete che avvengono tramite vetrine online, negozi virtuali ecc.

Tale forma di attività, considerando la sua enorme espansione nell’ultimo decennio, è stata inquadrata da un punto di vista fiscale per essere regolamentata meglio.

Nella contabilità del commercio elettronico si possono distinguere: il commercio indiretto ed il commercio diretto. Sono comprese le compravendite di beni, servizi, prodotti, contenuti digitali ecc.

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Contabilità del commercio elettronico indiretto: cos’è e come funziona

Il commercio elettronico indiretto prevede principalmente la definizione dell’accordo tra le parti in seguito ad una trattativa. Il perfezionamento dell’accordo con tanto di contratto si verifica in un secondo momento alla consegna materiale del bene acquistato.

Il bene viene spedito all’acquirente ed al momento della consegna il pagamento avviene tramite contrassegno, configurandosi quindi come una vendita a distanza.

L’acquirente può richiedere la fattura al momento dell’acquisto, poiché il cedente è esonerato dall’emissione della fattura e della ricevuta fiscale. Per l’acquirente italiano o residente nella Comunità Europea l’acquisto è deducibile alla consegna del bene ed al ricevimento della fattura.

Per il venditore la cessione è imponibile al perfezionamento del contratto, soggetto alla disciplina delle esportazioni se l’acquirente è extracomunitario.

Contabilità del commercio elettronico diretto: cos’è e come funziona

Il commercio elettronico diretto prevede la vendita online di un bene immediatamente utilizzabile come un mp3, un ebook, un corso a distanza, un film, un video ecc. Non si tratta più di cessione di beni ma di prestazioni di servizio e ai fini della contabilità quindi è importante il momento del pagamento.

In caso di acquirente italiano con partita IVA e cedente UE il servizio si effettua nel territorio italiano e quindi l’operatore deve seguire il meccanismo del “reverse change” e liquidare l’IVA.

In caso di acquirente UE o italiano e di cedente extra UE il cedente può beneficiare del regime agevolato previsto dal Dl 273/2003. Il cedente viene identificato ai fini IVA in uno dei paesi della Comunità Europea e viene dispensato dall’emissione della fattura e dal pagamento dell’IVA sulle vendite.

Infine in caso di acquirente italiano e cedente non residente in Italia non è previsto alcun tipo di tassazione nel nostro paese.

Il commercio elettronico in Italia deve rispettare la regolamentazione per le imposte prevista sull’IVA, sull’IRAP e sui redditi e se rientra tra i requisiti per l’applicazione dei tributi deve pagare regolarmente le tasse.

Quali sono le tasse da pagare?

Una volta aperta la partita IVA per la tua attività online devi pagare una serie di tasse, a partire dall’IVA che si applica sul valore aggiunto delle fasi di produzione e di scambio di beni o servizi.

La vendita continuativa di oggetti online rappresenta a tutti gli effetti un’attività commerciale che, in quanto tale, è sottoposta ad una tassazione del reddito in termini IRFEP e IRAP, quest’ultima però esclusa se si tratta di un regime forfettario.

L’IRPEF rappresenta un’imposta sul reddito delle persone fisiche e si applica ai redditi di impresa. Le aliquote d’impresa applicate sul reddito annuale partono dal 23% ma possono arrivare fino al 43%.

Chi produce reddito sul territorio nazionale o all’estero è quindi tenuto al pagamento dell’IRPEF. Per chi risiede all’estero l’IRPEF si calcola esclusivamente sugli introiti derivanti dalle attività svolte sul territorio italiano.

L’IRAP è invece una tassa che le aziende online devono pagare alla regione dove risiedono per l’attività annuale svolta nell’anno precedente. Sarà la stessa regione di competenza a decidere l’aliquota IRAP da applicare per il calcolo della quota da versare all’erario.

C’è poi un’altra tassa da considerare, la cosiddetta web tax, entrata in vigore con la legge di Bilancio 2020. Questa tassa prevede l’applicazione di un’imposta del 3% sul fatturato delle imprese che superano un determinato tetto di ricavi, legati alle prestazioni dei servizi digitali.

Nello specifico la web tax deve essere pagata dalle attività che nel corso dell’anno solare hanno realizzato:

  • un ammontare totale di ricavi non inferiore a 750 milioni di euro;
  • un ammontare di ricavi derivanti da servizi digitali sul territorio dello Stato non inferiore ai 5,5 milioni di euro.

Fonte foto: pixabay

Francesco Ferrara
Copywriter e giornalista pubblicista, mi occupo della stesura di articoli relativi al marketing ed alla gestione dei negozi e siti online per negozianti, argomenti sui quali ho maturato una lunga esperienza sul campo con corsi, ricerche e studi specifici.

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