Cos’è il quiet quitting, l’abbandono silenzioso del lavoro

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cos'è il quiet quittingIl titolare di un negozio o di un’azienda si trova ogni giorno ad affrontare sfide quotidiane sempre più impegnative. Bisogna risolvere i conflitti tra i dipendenti, gestire le lamentele o le richieste sempre più esigenti dei clienti e puntare ad aumentare le vendite. E, tra tante problematiche, c’è un’altra domanda che i titolari dovrebbero porsi: cos’è il quiet quitting?

In Italiano possiamo tradurlo con abbandono silenzioso e consiste nella tendenza dei dipendenti a fare il minimo indispensabile nel lavoro, rifiutando lavori extra, straordinari o mansioni che non rientrano nei loro compiti. Non è un fenomeno che salta agli occhi perciò si chiama “quiet”, cioè silenzioso.

Tuttavia questa problematica silente e asintomatica compromette seriamente la salute dell’azienda, che si ritrova con un gruppo di lavoratori demotivati che fanno il “compitino” senza aggiungere alcun valore competitivo e strategico.

Cos’è il quiet quitting e perché è un fenomeno da non sottovalutare

Il quiet quitting colpisce sempre più persone che sono demotivate o insoddisfatte del loro lavoro, o che magari vogliono riappropriarsi dei propri spazi personali. Non sorprende che il fenomeno sia scoppiato in tutta la sua gravità dopo la pandemia, dal momento che le persone hanno apprezzato maggiormente il tempo libero da dedicare a se stessi.

I dipendenti non sono più disposti a sottostare ad orari di lavoro massacranti o a turni lunghissimi, soprattutto se non vengono equamente retribuiti con un extra a fine mese. Lo smart working, la settimana corta o il lavoro agile sono solo alcuni degli effetti collaterali della pandemia che ha irrimediabilmente cambiato il mondo del lavoro.

Tale situazione può essere passeggera o cronica, ma i titolari di aziende e negozi non possono comunque ignorare tale fenomeno. In caso contrario vedranno le prestazioni dei propri dipendenti calare, perdendo terreno nei confronti dei competitor che è poi difficile da recuperare.

Quali sono le possibili cause?

Le cause possono essere davvero tante e le aziende dovrebbero conoscerle per adottare le giuste contromisure.

Tra le possibili cause c’è il cosiddetto mismatch, termine usato generalmente nel basket per indicare un duello personale tra due giocatori che hanno stazze e fisici totalmente opposti. In tal caso il mismatch è tra la domanda e l’offerta di lavoro.

In pratica le persone vengono assunte per incarichi per i quali non sono preparate, o di cui non hanno particolari competenze. Perché si viene a creare questo corto circuito lavorativo? Perché le aziende devono occupare in tempi rapidi posti di lavoro strategici, quindi assumono frettolosamente delle persone senza assicurarsi che abbiano effettivamente le hard e le soft skills richieste.

Oppure può capitare che l’azienda è sottorganico, quindi carica di lavoro extra gli altri lavoratori. Non sempre il quiet quitting si verifica perché non piace il proprio lavoro, ma semplicemente perché si è sottoposti ad una pressione lavorativa extra che non consente di esprimere al massimo le proprie potenzialità.

Anche una persona che parte con tutte le buone intenzioni, ma che vede che i suoi sforzi sono inutili o peggio ancora che non vengono retribuiti, allora fa il minimo indispensabile per mantenere il posto di lavoro, in attesa magari di trovare un’occupazione diversa.

Come affrontare il problema del quiet quitting?

Se hai paura che tra i tuoi dipendenti serpeggi il quiet quitting devi intervenire subito prima che la situazione possa sfuggire di mano. A tal proposito può esserti molto utile capire come motivare il team di vendita che potrebbe avere perso smalto ed entusiasmo per vari motivi. Devi essere un bravo psicologo, cercando di capire su quali tasti fare leva per ogni dipendente per risvegliare il suo entusiasmo.

Devi lavorare sia a livello individuale che di gruppo. Un dipendente che è sempre stato efficiente potrebbe aver perso la brillantezza per problemi personali. Organizza colloqui singoli, se lo ritieni opportuno, per comprendere le problematiche di ogni dipendente ma sempre con discrezione. Fagli capire che ha il tuo supporto e che in te, oltre che un datore di lavoro, troverà una persona comprensiva con la quale parlare.

Altrettanto importante è lo spirito di gruppo. Un’azienda è come un organismo vivente e i vari team rappresentano i diversi organi del corpo. Se un solo organo funziona male, ne risentirà tutto il corpo. Organizza quindi sessioni di gruppo e cene aziendali per rinforzare lo spirito di squadra e consolidare i rapporti anche a livello extra lavorativo.

Altro punto “dolente” è lo stipendio. Stai pagando i tuoi dipendenti in modo equo e commisurato in rapporto al lavoro che fanno e al valore aggiunto che offrono alla tua azienda? Ricordati che i dipendenti non sono amici, sono professionisti che giustamente ambiscono a crescere professionalmente ed economicamente.

Se i dipendenti, soprattutto quelli di maggior talento, percepiscono che non vengono retribuiti adeguatamente possono salutarti da un momento all’altro e passare alla concorrenza. Sarebbe un doppio danno per te, quindi se lo ritieni opportuno proponi degli aumenti alle persone più meritevoli.

Non sempre però è solo una questione economica, ma anche meritocratica. Non fare ingiustizie sul lavoro e metti tutti i dipendenti nei posti a loro più congeniali permettendo di esprimere al meglio le loro potenzialità e fare ciò che sanno fare meglio con passione ed entusiasmo.

Foto: Pixabay

Francesco Ferrara
Copywriter e giornalista pubblicista, mi occupo della stesura di articoli relativi al marketing ed alla gestione dei negozi e siti online per negozianti, argomenti sui quali ho maturato una lunga esperienza sul campo con corsi, ricerche e studi specifici.

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