I titolari di attività commerciali dovrebbero sapere che, in alcuni casi, occorre pagare una tassa per la pubblicità sulle vetrine.
Per quanto riguarda le modalità, la normativa nazionale stabilisce delle regole che non sempre sono semplici da interpretare.
Le tasse pubblicitarie (applicate anche alle insegne dei negozi) vengono attribuite solo ad una certa tipologia di messaggi.
Gli avvisi, le decorazioni ed altre scritte simili non rientrano nella categoria sottoposta a tassazione; i messaggi di tipo commerciale, invece, sono sottoposti sia al pagamento della tassa che all’autorizzazione mediante apposita procedura.
Cerchiamo allora di capire, nel dettaglio, come funziona la tassazione sulle vetrine pubblicitarie e in quali casi è necessario (o meno) pagare l’imposta.
Tassa sulla vetrina pubblicitaria: le regole
Il riferimento legislativo in materia di imposte sui messaggi pubblicitari si trova nel Decreto Legge 507 del 1993.
Qui si legge che è dovuta una tassa sui messaggi promozionali che vengono esposti in spazi pubblici o privati rivolti all’attenzione del pubblico: è questo il caso della classica pubblicità che viene esposta nella vetrina del negozio.
Come regola generale, quindi, vale il principio per cui tutto ciò che è decorazione risulta esentato dal pagamento della tassa pubblicità, mentre tutti i messaggi che veicolano promozioni, sconti o che hanno come obiettivo quello di incrementare le vendite dei prodotti presenti in negozio, sono soggetti a tassazione.
Al di là di questo, però, nel Decreto Legge non viene stabilito niente di più preciso, quindi la regolamentazione della materia viene rimandata alla responsabilità dei singoli comuni.
Pertanto, le regole in vigore possono essere anche molto diverse da un paese all’altro.
Dunque, il titolare, per mettersi in regola con la normativa sulla tassa pubblicitaria, deve necessariamente rivolgersi al Comune in cui ha sede il suo negozio e verificare con i responsabili del settore quanto previsto dal regolamento locale.
Consultare il sito del Comune o Rivolgersi all’Ufficio Relazioni con il Pubblico può rappresentare il primo passo, altrimenti è possibile recarsi direttamente all’Ufficio Affissioni e Tributi dove, attraverso il PGIP (Piano Generale degli Impianti Pubblicitari) è possibile sapere quali sono gli strumenti pubblicitari ammessi, le procedure di autorizzazione e i costi da sostenere.
Fare questo passaggio è molto importante perché alcuni Comuni prevedono esenzioni e sgravi fiscali per ciò riguarda la tassa sulla pubblicità in vetrina.
Tassa sulla vetrina pubblicitaria: i costi
Per mettere in vetrina pubblicità ed affissioni di tipo promozionale occorre dunque ottemperare all’obbligo di pagamento di una tassa, che dev’essere versata direttamente al Comune in cui ha sede il negozio.
Va tenuto presente che si può trattare di imposte temporanee, nel caso in cui il messaggio pubblicitario sia destinato a permanere in vetrina solo per un determinato periodo di tempo, oppure di contributi fissi da pagare con cadenza annuale, nel caso in cui le scritte su vetrine siano stabili.
Anche in questo caso, i Comuni stabiliscono sia i termini per il versamento della tassa pubblicitaria, sia le regole relative alle modalità pubblicitarie come, ad esempio, le dimensioni massime consentite per l’affissione, che prevedono l’esenzione per le:
- pubblicità fino a 300 cmq;
- pubblicità con il nome del negozio fino a 500 cmq per vetrina;
- pubblicità con il nome o il logo di un brand presente in negozio fino a 500 cmq per vetrina
Per quanto riguarda il costo, spesso la tassa consiste in cifre poco rilevanti, nell’ordine di qualche decina di euro l’anno.
Tuttavia, nonostante l’importo non sia gravoso, è bene rispettare questo obbligo, anche perché il rischio è quello di vedersi recapitare pesanti sanzioni, che vanno da 51,65 € a 258,23 € (più un interesse del 2,5% a semestre) per le dichiarazioni tardive o mendaci, fino ad un massimo di 1549,38 € in caso di affissioni abusive.