La guerra in Ucraina è scoppiata in tutta la sua violenza, provocando una fuga dal paese e la dispersione dei profughi ucraini in tutta Europa.
Alla gravissima crisi umanitaria si affianca anche quella economica, che va ad impattare in modo pesante su tutti i settori, a partire dalla moda.
Il made in Italy è infatti strettamente collegato alla Russia, uno dei principali mercati del settore fashion. In realtà la moda è stata esclusa dalle sanzioni imposte dall’Unione Europea alla Russia, ma il settore sarà comunque colpito indirettamente.
A causa del blocco del circuito Swift, applicato alle banche russe, risultano molto problematici i pagamenti. Inoltre sono stati bloccati i fondi degli oligarchi russi, che naturalmente hanno visto crollare la loro capacità di spesa.
A tutto questo si aggiunge la svalutazione del rublo, le incertezze dei consumatori e lo stop ai voli dalla Russia, con ricadute inevitabili sul turismo e sullo shopping.
Una situazione davvero complicata che merita un approfondimento.
Indice
Quali sono gli effetti della guerra in Ucraina sul settore moda italiano?
L’Italia è il secondo paese fornitore di moda e di accessori in Russia. Stando ai numeri forniti dalla Camera Nazionale della Moda, il nostro paese vende circa 1,2 miliardi di euro in beni di lusso ai clienti russi ogni anno. In questo mercato sono coinvolte ben 11.000 aziende del fashion.
Tra l’altro nel 2021 si è registrata una notevole crescita delle esportazioni della moda italiana in Russia, aumentate fino al 24% per un valore complessivo di 1,3 miliardi di euro.
Nel 2019 inoltre si sono contati oltre 185.000 turisti russi nella sola Milano, con uno scontrino medio di 2.000 euro a visitatore.
La guerra in Ucraina ha cambiato tutto. Con l’esclusione delle banche russe dal sistema Swift l’impatto non è tanto sui pagamenti delle carte di credito nei negozi, quanto piuttosto sui pagamenti internazionali.
In pratica i brand avranno più difficoltà a pagare i fornitori ed i partner, e viceversa. Per le stesse aziende russe diventerà complicato fare affari in euro, sterline o dollari. Pagamenti alternativi, come le criptovalute, non sembrano essere soluzioni percorribili per problemi di conformità.
Altro problema è l’indebolimento del rublo, che riduce i margini dei beni di lusso venduti in Russia. Le case di moda dovrebbero aumentare i listini, ma anche questa soluzione non sembra la migliore in questo momento di grande incertezza economica.
Come già anticipato la chiusura degli spazi aerei europei ai voli provenienti dalla Russia determina un impatto negativo sullo shopping.
Le ripercussioni della guerra sui grandi brand di moda
Il cauto ottimismo che serpeggiava in questo momento, ora che sembrava che la pandemia da Covid-19 fosse ormai alle spalle, è stato spazzato via dalla guerra.
Il conflitto per di più è scoppiato proprio in concomitanza con la Milano Fashion Week, che doveva rappresentare la rinascita di tutto il mondo fashion.
Ed invece le sfilate scintillanti, con vip e ospiti dello showbiz internazionale, apparivano fuori luogo ed in forte contrasto con le terribili immagini di guerra provenienti dall’Ucraina, tra bombe, carri armati e famiglie in fuga.
La moda, soprattutto quella del lusso, rappresenta comunque la seconda voce di introiti per il Pil italiano. Solo nel 2021 il giro d’affari ha sfiorato gli 80 miliardi di euro ed era prevista un’ulteriore crescita quest’anno.
Dai primi giorni di combattimenti ci sono state ripercussioni su tutti i principali brand. Moncler ha perso più del 4% a Piazza Affari, stessa sorte per Brunello Cucinelli e Salvatore Ferragamo.
Le cose non sono andate meglio a Parigi, dove Lvmh, Kering, Hemes e il gruppo Inditex hanno fatto registrare un calo di oltre 4 punti percentuali. Male anche Richemont, con una perdita del 6%. Resiste invece Prada che, grazie al rimbalzo delle borse asiatiche, ha guadagnato l’1,5%.
Insomma la situazione è molto preoccupante e, almeno per il momento, sembra difficile quantificare il danno anche perché non sono chiari i confini né gli effetti della sanzioni, che saranno più evidenti probabilmente tra qualche mese.
Bisogna considerare l’effetto domino che la guerra ha su tutti i settori. Sta aumentando a dismisura il carburante, che rende complicati i trasferimenti dei prodotti, e l’energia che impatta direttamente sulla produzione di capi d’abbigliamento.
Quali contromosse si possono adottare?
Purtroppo fin quando ci sarà la guerra in Ucraina la situazione risulterà complessa e caotica. Tuttavia Marco Landi, presidente nazionale di Cna Federmoda, ha provato a dettare la ricetta quanto meno per attutire al meglio i colpi di questa nuova crisi.
Il piano d’azione, mirato alla salvaguardia del comparto moda in Italia, prevede la perfetta sinergia tra i vari ministeri.
Innanzitutto è necessario definire una misura per sostenere e avviare una nuova negoziazione dei debiti stipulati nell’ambito delle misure di potenziamento del Fondo Garanzia, ente preposto alla gestione dei fondi Covid e SACE.
Bisogna poi adottare soluzioni sul medio e lungo termine che prevedano l’adozione di strumenti digitali ed innovativi nel settore moda.
Infine è necessaria una comunicazione mirata per sensibilizzare ed educare le nuove generazione al consumo del “made in Italy”.
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